mendini

Il “re” del design si è spento all’età di 87 anni. Alessandro Mendini, il più grande architetto e designer del Dopoguerra, è morto nella sua casa milanese. La notizia ha fatto il giro del mondo. Sì, perché le creazioni di Mendini hanno toccato davvero tutti i continenti, ferme restando le collaborazioni con le più importanti aziende a livello mondiale. Si pensi ad Alessi, Cartier, Swatch, Swarowski, Artemide e Zanotta.

Un grande designer, Mendini, vincitore del Compasso d’Oro nel 1979 e insignito dell’Adi alla carriera nel 2014. È stato anche direttore di riviste di settore come Domus e Casabella, oltre ad aver fondato assieme al fratello Francesco, l’Atelier Mendini.

Tra le sue grandi creazioni, entrate di diritto nella storia del design, c’è sicuramente la poltrona Proust, datata 1978, e una serie di piccoli utensili per Alessi. Si pensi al cavatappi, oggetto al quale l’architetto aveva dato anche un nome: Anna G.

Mendini era un “grande milanese”, come lo ha definito il sindaco del capoluogo lombardo, Giuseppe Sala. Un designer “dall’approccio visionario che ha rivoluzionato il mondo del design, mettendo sempre l’uomo al centro dei suoi progetti”. Appassionato di pittura, amante di Kandinsky e Balle, accanito lettore di fumetti, Alessandro Mendini è riuscito a dare un tocco ironico al design, sottile, e soprattutto colorato, così come testimoniano le sue opere.

Dalla carriera progettuale a quella architettonica, ha firmato il Museo Groninger (1988-1994, 2010), le fabbriche Alessi e il Forum-Museum di Omegna (1996), il Teatrino della Bicchieraia ad Arezzo (1998), la ristrutturazione urbanistica del quartiere Maghetti a Lugano (1998), il rinnovo della Stazione Termini a Roma (1999), il restauro della Villa Comunale (1999) e di tre stazioni della Metropolitana a Napoli (2000), la nuova Fiera e la nuova sede della Triennale di Milano a Incheon, in Corea del Sud (2008-2009).

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