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“Finché i leoni non avranno i loro scrittori, i racconti di caccia continueranno a glorificare il cacciatore”. Questo proverbio nigeriano, forse meglio di chiunque altro, descrive la storia del design africano, per troppo tempo rimasto nell’ombra, lontano dai riflettori del “design che conta”, appannaggio del nord del mondo, come spesso è accaduto per tanti altri settori.
A incidere forse su questa concezione da “luogo comune”, anche l’atteggiamento poco fiducioso dei creativi africani, che si sono più prodigati ad esaltare quello che veniva da fuori che a raccontare l’immenso mondo di storie ed emozioni che avevano in casa.
La visione stereotipata del design africano da parte del resto del mondo l’ha spesso relegato ad un design minore, un artigianato di prodotti etnici di valore medio basso, non più di qualche souvenir con cui arricchire casa a testimonianza di una vacanza fatta in quella terra. Il design africano invece, anzi i design africani, dal momento che questo continente è tanto vasto quanto variegato, non solo hanno una propria identità ben precisa, ma questa non è certo riducibile alla rappresentazione stilistica di “Mama Africa” a cui siamo abituati erroneamente a pensare.
Il complesso concetto del design di questo Paese riporta, soprattutto oggi, a un’interpretazione moderna di una forma d’arte millenaria. E che può descriversi con le parole chiave dell’informalità, intesa non come semplicità ma come atteggiamento di accoglienza e autenticità. Accanto a questo, c’è anche il tema dell’hackability ovvero la capacità di recuperare, trasformare, combinare, mutare la destinazione degli oggetti, far funzionare qualcosa unendo vecchio e nuovo, mescolando, mettendo insieme Africa e Occidente. Di contro al purismo nordeuropeo, siamo qui di fronte all’ibridazione, vale a dire all’idea di combinare, in maniera pragmatica, diversi elementi.
Il design africano, poi, si rafforza del concetto di umanità e di un forte senso di comunità. La condivisione, il rapporto tra le persone, il senso di unione sono fortemente caratterizzati nei lavori e negli stili dei vari esponenti del mondo del design, che non può prescindere dalle suggestioni di una terra che è uomo e natura insieme, anche nelle sue più evidenti contraddizioni. Come ogni forma d’arte, anche la creatività africana rispecchia la sua storia complessa e sofferta, la sua socialità evidente, la sua policromia quasi endemica.
Il design africano ha da parte sua, inoltre, un importante senso di concretezza e funzionalità, da un senso del bisogno che accompagna da sempre questa terra, sia pure ricchissima di risorse e talenti.
Se l’Italia può essere considerata all’avanguardia per ciò che riguarda il pensiero creativo, il design e l’innovazione, vantando molti dei brand più famosi al mondo e se la Cina vanta una produzione di massa, in Africa la produzione è guidata dal bisogno. “Hacker” e “Maker” sono i due concetti radicati nel DNA africano e questo sta spianando la strada per una rinascita del continente, i cui sentori saranno più evidenti nei prossimi decenni.
Nel frattempo, mentre i creativi africani continuano il proprio lavoro e dimostrano il proprio talento, tra mille difficoltà – prima fra tutte il fatto che manca, da parte delle istituzioni, il riconoscimento del design come professione a tutti gli effetti. la sfida più grande è quella di riuscire a far comprendere alla società civile che il design può davvero contribuire al benessere delle persone.
Paesi come la Nigeria, il Ghana, il Sudafrica o il Kenya, stanno vedendo una classe media in espansione, sempre più protesa e interessata ai migliori esempi di design e creatività prodotti a livello globale e una nuova generazione di artisti sta conquistando il mondo, dal design alla moda, all’architettura.
Oggi l’Africa è un continente che offre molte opportunità. Mentre i designer africani stanno ridefinendo il proprio stile, i fashion designer di tutto il mondo stanno cercando proprio da questo continente la loro ispirazione. Questa è una celebrazione della bellezza dell’Africa e dell’importanza economica che sta assumendo.
L’Africa è un modo di vivere. E può tornare a contagiare il mondo con la sua umanità, la sua gioia e la sua ricchezza.
Anche con la sua arte.

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