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Londra e Milano. Sono le due città che hanno accolto l’estro creativo di Marco Acerbis, uno tra i designer italiani più apprezzati, sia in Italia che all’estero. Classe 1973, completa gli studi in architettura presso il Politecnico di Milano, prima di trasferirsi nella capitale britannica, dove ha collaborato con lo studio Foster+Partners. Sono i primi anni del 2000 ed è qui che Marco Acerbis è coinvolto nella costruzione di un edificio di otto piani per la ricerca scientifica presso l’Imperial College e diventa Capo Progetto di Capital City Academy, un liceo per 1400 studenti, lungo 250 metri e inaugurato da Tony Blair.

L’Italia però resta nel cuore e nei pensieri del designer, che torna a Milano per aprire il proprio studio di architettura e design. Affascinato da sempre dalla progettazione, Marco Acerbis ne ha fatto una vera e propria ragione vita professionale, senza fossilizzarsi su questa o quest’altra branca del settore, ma raccogliendo le sfide che il design tutto, nella sua veste più onnicomprensiva, è in grado di lanciare.
Il suo è un approccio esplorativo, trasversale, globale ed intuitivo, fermamente consapevole del fatto che il messaggio che il design racchiude sia declinabile in ogni aspetto del vivere.
Lo spazio è per lui una tela da dipingere affinché l’arte della bellezza e il piacere di fruire di questa vadano sempre di pari passo.
La trasversalità della sua ispirazione è dimostrata ampiamente dai suoi numerosi lavori. Tra questi, la lampada Vertigo, diventata un best seller oltre che un’icona senza tempo, inclusa nella collezione permanente del Vitra Design Museum, la maniglia Prius, già vincitrice della Menzione Speciale al XXI Compasso d’Oro e la poltrona Kloe, vincitrice del Red Dot Design Award 2009.
Importante, inoltre, anche la sua attenzione e la sensibilità per le tematiche del vivere contemporaneo e l’architettura ecosostenibile, da cui scaturisce la progettazione di Xeliox
Energy Lab e di POLINS certificato Casa Clima Classe A+. POLINS, selezionato come progetto finalista al premio Fondazione Renzo Piano per un giovane talento e vincitore del premio Sostenibilità Ambientale e Sociale per il comune promosso da Saint- Gobain Italia e Ancitel Energia e Ambiente.
Lo abbiamo incontrato per Design Lifestyle, in una chiacchierata che ci ha fatto apprezzare ancor di più questo grande talento italiano.

intervista-marco-acerbis-designlifestyle-3 Londra e Milano. Sono le due città in cui hai potuto crescere come designer. Quali sono le caratteristiche di questi due luoghi? Quali le affinità e le differenze?
Sono luoghi molto diversi, essendo la cultura anglosassone molto diversa dalla nostra, specialmente quando si intende il progetto. Noi siamo più umanistici e loro più scienziati specializzati. Interessanti entrambe le realtà. I miei progetti sono infatti un po’ una via di mezzo tra due culture diverse, talvolta più artistici e talvolta più tecnologici. In questo senso la nuova collezione ‘Leaf’ che sto progettando insieme a Talenti rappresenta perfettamente il mio approccio. È una collezione di grande eleganza e innovazione tecnologica per una azienda che sta facendo un percorso di grande sviluppo nel mondo del design contemporaneo.

Un Design totale. Non c’è ambito (o quasi) in cui tu non abbia esplorato, sperimentato, progettato. Ma qual è il “posto” in cui ti senti più a tuo agio? In cui pensi di dare il meglio di te?
A dire il vero non c’è un posto preciso. La creatività è sempre ricerca di un nuovo equilibrio che va in sostituzione a quello precedente con un percorso continuo. Mi piace essere stimolato con progetti molto diversi e che apparentemente non sono connessi. In realtà lo spazio migliore dove lavoro è nella mia testa, perchè è il luogo senza dimensioni, pura fantasia e immaginazione.

Progettare: se volessi dare una tua definizione personale a questa parola, in base a quella che è stata la tua esperienza?
Lo definirei come il più bel lavoro di gruppo che si puó fare. Non si progetta se non ci si confronta tra progettisti e con il cliente. Design e architettura non sono arte pura dove prevale un ego, certamente il design deve avere personalità, un concept all’inizio ma è fondamentale il confronto.

Vivere gli spazi, oggi: secondo te qual è il vero significato? In cosa deve o dovrebbe consistere?
Bisogna tornare a vivere gli spazi senza la paura del Covid. Oggi questa è la priorità numero uno. Si è perso molto il valore della socialità e del contatto senza paure e mascherine.
Lo spazio per essere tale deve avere le persone, senza le persone è solo un vuoto.

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