santella design lifestyle

Designer del verde con una passione per il restauro e per i giardini di Stoccolma, città dove si è laureata, Sonia Santella è docente di Garden Design per Italian Design Institute e si occupa anche di verde indoor, che significa dare un nuovo look agli interni con le piante.

Le piace seguire in prima persona tutte le fasi del progetto, soprattutto quando si tratta di mettere le mani nella terra. Il suo stile è semplice e attento ai dettagli. Oggi collabora con prestigiose riviste e questo le permette di esprimersi anche attraverso la scrittura.
La sua cultura e la sensibilità spiccata per la bellezza si riversano nei suoi progetti, che portano nel quotidiano un concetto di verde “essenziale” e raffinato.
L’abbiamo incontrata per una chiacchierata davvero speciale, colorata. E subito ci ha raccontato com’è nata questa passione per il verde.

 

“Mio padre amava dipingere. Era attratto dagli impressionisti, in particolare Monet. Il suo era solo un hobby ma lo prendeva sul serio, studiava molto. Da piccola mi piaceva accompagnarlo, quando nel weekend prendeva tele e cavalletto, e andava a dipingere en plein air, nel mezzo di campi che a maggio erano gialli di graminacee e rossi di papaveri. Lo guardavo stendere i colori sulla tavolozza mentre mi calavo il berretto sugli occhi per il sole accecante. Durante il viaggio in macchina mi parlava di eucalipti frangivento e del colore argenteo dei pioppi. Quando ero molto giovane la sua passione ostinata mi disorientava, ma da adulta ho capito quanto sia importante nella vita assecondare e seguire i propri sogni, a ogni costo. Fino alla fine degli studi liceali ho vissuto in una casa che aveva attorno un grande giardino. In inverno ci si dedicava alla manutenzione di tavoli e sedute da esterno, in primavera si piantavano gli ortaggi nello spazio dedicato all’orto. Insomma, tutto questo credo che abbia lasciato un segno”.

Stoccolma è la sua seconda casa, come lei stessa spiega: “Quando non viaggio faccio base a Roma, ma appena posso trovo un pretesto per tornare a Stoccolma, dove ho studiato e dove mi sento a casa più che in ogni altro luogo”.

santella design lifestyle Parchi pubblici e verde urbano migliorano la qualità della vita, e questo è scientificamente provato. Quanto lo stesso vale per il verde indoor?
L’effetto benefico del verde indoor è duplice. Da una parte le piante in casa purificano l’aria, soprattutto le specie che hanno foglie grandi e carnose. Dall’altro portare il verde in casa ci porta a ripensare il modo di organizzare lo spazio. Troppo spesso lasciamo che l’ambiente del living ad esempio resti lo stesso per anni e anni, per abitudine oppure perché si pensa di non avere mai tempo. Bisognerebbe investire di più sulla bellezza. Portare molte piante in casa è l’occasione per aprirsi a esperienze nuove, dal punto di vista botanico e non solo. Vivere in uno spazio curato e accattivante accresce la qualità della vita. Il design, poi, fa bene a tutti, anche ai bambini.

La tua visione del verde?
Per me il verde è uno stile di vita. Nel tempo libero sento il bisogno di passeggiare nei parchi, per ricaricarmi e per mettere in moto idee e nuovi progetti. Anche quando viaggio per motivi di svago scelgo spesso mete dove la natura è dominante. Se si parla di verde, per me è difficile tracciare un confine netto tra vita privata e lavorativa.
Se osservo lo spazio che mi circonda lo misuro in modo istintivo, per comprenderne le dinamiche che lo determinano.
Le chiome degli alberi, il portamento di un fusto nodoso, ogni forma la considero unica e irripetibile. Anche i filari di alberi piantati lungo i viali hanno un ruolo perché
creano un ritmo e la loro sequenza regolare produce un effetto rassicurante. Il verde cittadino è molto importante per questa ragione, influisce sullo stato d’animo delle persone.

Ci sono artisti ai quali ti sei ispirata o che hanno in qualche modo influenzato il tuo gusto progettuale?
Mi piacciono molto i paesaggisti del Modernismo nordico, in particolare il modo che hanno nel dare centralità a pochi elementi portanti, creando spazi semplici ma di una incredibile eleganza ed equilibrio. Ammiro il loro approccio progettuale, che si basa sul concetto di togliere prima di aggiungere, per cogliere la vera essenza di ogni luogo. Tra i paesaggisti italiani guardo molto l’opera di Pietro Porcinai, il quale ha saputo coniugare l’estetica del giardino rinascimentale con la ricerca della essenzialità.
Mi piace molto il suo modo di utilizzare grandi lastre di pietra sui prati, per disegnare motivi lineari o spezzati.
Sapeva adattare la sua creatività ai luoghi e alle esigenze dei committenti.

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Dato che in questo numero abbiamo voluto rendere omaggio all’originale progettualità di Burle Marx, qual è la tua visione a riguardo?
Burle Marx era nato in Brasile e nei suoi progetti trasferiva la vitalità della sua terra. Da una parte il legame con l’arte moderna astratta, che il paesaggista interpreta con l’utilizzo di forme a meandri, dall’altra l’utilizzo di composizioni vegetali ricche che includevano molte specie vegetali provenienti dalle regioni fitoclimatiche del suo paese. Dava molta importanza alla forma delle piante, alla tessitura fogliare, e non smise mai di dedicarsi allo studio delle specie autoctone che prelevava nelle foreste in diverse regioni del suo Paese e che faceva acclimatare nella sua tenuta. È molto difficile esprimersi su una grande personalità come Burle Marx, un maestro indiscusso nel suo campo. Personalmente osservo molto il suo modo di progettare sul suolo, dove alle composizioni vegetali abbina pavimenti di mosaici, sassi, rocce, cemento e bacini d’acqua, in cui sembrano riflettersi l’identità culturale e paesaggistica della sua terra.

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