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Fermare idee fulminee, esplorare la complessità della realtà, tradurre intuizioni in immagini: sketchare è da sempre un’attività fondamentale nel processo creativo, una fase evocativa in cui le idee prendono forma.
Lo sa bene Ico Migliore che, nel suo libro Sketches, Scenaries and Maps, raccoglie una selezione speciale di più di 100 disegni realizzati negli anni, tra l’attività lavorativa e la vita quotidiana, utilizzando per lo più taccuini MUJI formato A6.
L’architetto tre volte premio Compasso d’Oro e co-founder insieme a Mara Servetto dello studio Migliore + Servetto Architects, ha presentato il nuovo libro edito da Electa in doppia lingua inglese e italiano, con un’installazione site specific realizzata per il flagship store MUJI di Corso Buenos Aires.
Suddiviso in tre sezioni principali – sketches, sceneries e maps – il volume mostra, inoltre, come il disegno sia per l’autore una necessità espressiva a tutto tondo, non esclusivamente uno strumento professionale ma anche mezzo per investigare la realtà.
L’autore del libro, che con il suo studio ha realizzato per brand internazionali, musei e città progetti di forte identità e connotazione esperienziale, caratterizzati da un uso narrativo della luce e in relazione empatica con le nuove tecnologie, ci conduce in un viaggio affascinante attraverso i suoi disegni e schizzi, già protagonisti a livello internazionale ed esposti in diverse mostre, tra cui le duepersonali “Lightmorphing” a Seoul and Busan in Corea del Sud (2019); “Red Light Architecture – Sketches and Notes on Projects” al Dongdaemun Design Plaza (DDP) di Seoul (2018); “Spacemorphing” a Tokyo, Torino e Seoul (2010).
Il processo creativo dell’autore, riversato sulla carta, ha incontrato il supporto del brand giapponese MUJI, in grado di di enfatizzare il fascino intrinseco di un oggetto attraverso la razionalizzazione e la meticolosa eliminazione dell’eccesso, concetto strettamente connesso all’estetica tradizionalmente giapponese.
Abbiamo incontrato Ico Migliore per farci raccontare il suo libro e non solo…

SKETCH BY ICO MIGLIORECome nasce l’idea del volume libro “Sketches, Maps and Sceneries” e con quale intento principale?
Disegnando moltissimo, negli anni ho accumulato decine di taccuini pieni di disegni, schizzi progettuali e suggestioni, così è sorta spontanea l’idea di una raccolta, una sistematizzazione di questo corpus così ricco, anche per approfondire la tematica del disegno, che per me resta un mezzo fondamentale di espressione, ma anche quotidiano di lavoro. Electa ha mostrato subito interesse per questo progetto e abbiamo deciso di realizzare una pubblicazione che restituisse la mia particolare visione sul disegno come strumento progettuale, elemento di mediazione tra l’idea e il progetto quasi con valore di trasferimento linguistico.

Cos’è la creatività per Ico Migliore e quali sono le sue fasi?
Sono molto d’accordo con lo scrittore piemontese Alessandro Baricco nel ritenere che la creatività abbia essenzialmente a che fare con il coraggio e che essere creativi sia di fatto un atto di coraggio, significa prendersi dei rischi. La creatività non è un termine che amo molto, credo sia molto abusato in generale. Penso che raramente si crei ex novo un progetto, un disegno, si concepisca un’idea, piuttosto questi sono tutti esiti di un processo di sperimentazione e stratificazione culturale, attraverso una sorta di metamorfosi per addendum. Di solito, noi progettisti elaboriamo nuovi progetti attingendo alla tradizione quale bacino di incroci culturali, rileggendo ciò che conosciamo e ciò che è stato fatto in una chiave nuova, perché nuovi sono i quesiti che ci poniamo. Le soluzioni che siamo chiamati a trovare, spesso nascono dalla rielaborazione di elementi già noti, ma capaci di generare inediti esiti progettuali. L’innovazione nasce dall’istituzione di relazioni nuove con gli oggetti nello spazio, perché noi non disegniamo oggetti, bensì nuovi comportamenti.
Preferisco parlare quindi di processo progettuale, che di solito nel mio caso si sviluppa attraverso l’osservazione, il cambio di prospettiva e campo focale, il disegno e il dialogo con i collaboratori e con Mara Servetto, partner nella mia vita professionale e personale.
Creatività e narrazione: ci descrive questo rapporto? Credo che il rapporto tra creatività e narrazione sia stato ben espresso da questa frase di Italo Calvino: “la fantasia è come la marmellata, bisogna che sia spalmata su una solida fetta di pane. Se no, rimane come una cosa informe, come una marmellata, su cui non si può costruire niente”.
Ecco credo che la creatività non sia sufficiente se non abbinata a solide basi di metodo, concretezza, senso della realtà. Una buona narrazione non è certo il risultato solo di una buona idea. Narrare è per l’uomo una sorta di istinto primigenio, tutti raccontiamo storie e tutti sentiamo il bisogno di storie, ma è il metodo che distingue la qualità di queste storie. Anche il progetto di design è un tipo di narrazione e come tale si basa su alcune regole. Ogni spazio ha la sua drammaturgia narrativa: una scena, degli attori, un contenuto. Quando approcciamo un nuovo spazio dobbiamo ragionare da progettisti sulle relazioni tra il vuoto e il pieno, tra le persone che in questo spazio si muoveranno, sulle tempistiche che regoleranno le loro azioni, sui tempi di percorrenza e di lettura…L’esito, il progetto finale, è la narrazione di un percorso ma anche di un’identità che quel luogo è chiamato a comunicare al visitatore. I nostri progetti sono sempre progetti di identità.

In un momento storico in cui si “disegna” poco a causa degli strumenti tecnologici che hanno superato l’uso della matita, qual è il pericolo per le nuove generazioni?
Sinceramente fatico a guardare alle nuove tecnologie come a fattori negativi, è sorprendente quante più possibilità offrano questi nuovi mezzi e quanto possano contribuire in positivo nel nostro lavoro. È certamente vero che il digitale a volte prende il sopravvento nella nostra quotidianità, ma vedo tanti dei miei studenti (N.d.R. Ico Migliore è professore al Politecnico di Milano e Chair Professor alla Dongseo University di Busan) che continuano ad utilizzare il disegno manuale. Non tutti ovviamente hanno le stesse abilità, ma quello che dico sempre loro è che un disegno non deve essere bello: quanto più è rapido, fatto di getto, tanto più è efficace nel restituire quell’impressione, quell’intuizione, quel pensiero che abbiamo in mente. Tutti disegnano anche inconsapevolmente, il disegno è un mezzo espressivo, un linguaggio a tutti gli effetti. Di recente abbiamo progettato, con Italo Lupi, l’allestimento della mostra dedicata a Saul Steinberg alla Trinnale di Milano, l’illustratore rumeno è un chiaro esempio di come un determinato utilizzo del segno grafico generi a tutti gli effetti un nuovo linguaggio.

La creatività è, secondo lei, più un’esperienza, un’attitudine, un talento o un traguardo?
Credo si possa parlare più che altro di un’esperienza. Potenzialmente siamo tutti creativi in un certo senso, ma non tutti hanno il coraggio e la volontà di applicare, esternare questa creatività. In questo senso la creatività per me non può prescindere dalla curiosità. Essere attenti a cosa succede intorno a noi, visitare mostre, fare esperienze, tutto ciò allena la creatività che ciascuno possiede. Anche viaggiare è molto utile in questo senso, il movimento in generale ci permette di cambiare la nostra focale, relativizzando le distanze e modificando il punto di vista, la percezione, allena l’occhio e la mente affinché siano aperti a ricevere e rielaborare.

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